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Separazione: dallo status di figlio a quello di proprietà

  • Immagine del redattore: Avvocati Empatici
    Avvocati Empatici
  • 28 mag
  • Tempo di lettura: 3 min

Le dinamiche di strumentalizzazione del figlio nelle crisi coniugali o di coppia

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Nel delicato percorso della separazione, uno degli aspetti più dolorosi e meno discussi è la tendenza, spesso inconsapevole, a trasformare i figli da individui con bisogni e desideri propri in oggetti di contesa, quasi fossero proprietà da spartire.

Le frasi che si sentono prima nelle conversazioni tra genitori in fase di separazione e poi nei corridoi dei tribunali sono indicative: "È mio figlio", "Ho diritto a vederlo", "Non voglio che stia con te", “Decido io quello che è meglio” e via discorrendo. 

Espressioni che, seppur mosse da affetto e preoccupazione, rischiano di ridurre il figlio a un bene da possedere, anziché riconoscere la sua identità di persona con emozioni e bisogni propri. 

È una forma di comunicazione che rischia di togliere al minore la sua identità di figlio che, improvvisamente, si trova ad essere collocato involontariamente in uno stato diverso e di cui non ha nemmeno alcun controllo.

Personalmente conosco bene questo tipo di percorso che mi ha accompagnato e per gli ultimi due anni, prima di essere ascoltata dal tribunale, è diventato sempre più logorante e forte. 

Le cicatrici certo che sono rimaste ma ora sono un promemoria su come ci si dovrebbe comportare e su quali siano le conseguenze e non più una fonte di dolore. 

Tuttavia, nella pratica quotidiana, è fondamentale che i genitori si interroghino sulle proprie motivazioni e sulle reali esigenze dei figli. Chiedersi: "Sto agendo per il bene di mio figlio o per soddisfare un mio bisogno?" può fare la differenza tra una separazione gestita con maturità e una che lascia cicatrici profonde.

Riconoscere i figli come individui autonomi significa ascoltarli, rispettare i loro tempi e le loro emozioni, e collaborare con l'altro genitore per creare un ambiente sereno e stabile. 

È un percorso che richiede empatia, comunicazione e, soprattutto, la capacità di mettere da parte il proprio ego per il bene superiore del proprio figlio.

In conclusione, trasformare la separazione in un'opportunità di crescita personale e familiare è possibile. 

Ma solo se si smette di considerare i figli come proprietà e si inizia a vederli per ciò che sono: persone uniche, con il diritto di essere amate, rispettate e ascoltate.

Perché i figli non sono un trofeo da conquistare, ma un dono da custodire con amore e responsabilità.

Sappiamo bene che chi vive una separazione sa bene quanto sia difficile mantenere la lucidità quando le emozioni si intrecciano a senso di colpa, rabbia, frustrazione e paura di perdere il proprio ruolo genitoriale. 

Ecco perché è fondamentale sostenere i genitori anche al di fuori dell’ambito strettamente legale, attraverso percorsi di accompagnamento che permettano di rielaborare la rottura relazionale e ristabilire un equilibrio personale e familiare.

Credo profondamente nel potere trasformativo di questi percorsi. 

Quando un genitore riesce a riconoscere i propri bisogni senza sovrapporli a quelli del figlio, a comunicare in modo più chiaro e meno reattivo, a ritrovare la propria identità anche al di fuori della coppia, allora si crea un terreno fertile per una genitorialità più sana, più lucida e più amorevole.

I vantaggi sono reali e misurabili come, per esempio, una riduzione dei conflitti tra genitori, che ha un impatto diretto sul benessere dei figli, una maggiore stabilità emotiva nella gestione delle transizioni e dei momenti critici, una maggiore coerenza educativa, anche a distanza e soprattutto, una nuova narrazione personale, dove la separazione non è più sinonimo di fallimento, ma può diventare un’opportunità di evoluzione.

Sul blog Avvocati Empatici, l’obiettivo è proprio questo: offrire uno sguardo che superi la dimensione del “giusto” e dello “sbagliato” per approdare a quella del possibile, dell’umano, dell’etico.

E allora forse vale la pena domandarsi: cosa accadrebbe se, accanto al supporto legale, ogni genitore potesse anche ritrovare se stesso, imparare ad ascoltare davvero e a scegliere con responsabilità emotiva?

La risposta sta nel coraggio di mettersi in discussione. E nel rispetto profondo per chi, di quella separazione, subirà gli effetti più a lungo: i figli.


 
 
 

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